Periodico di informazione e cultura professionale dell'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali di Milano

Il progetto PSR DIM4ZOO: una visione della zootecnia di precisione per la bovina da latte

Il progetto PSR DIM4ZOO: una visione della zootecnia di precisione per la bovina da latte

Il progetto DIM4ZOO “DIMostrazione e inFORmazione per innovare l’allevamento lombardo mediante la ZOOtecnia di precisione” ha costituito un’importante occasione per approfondire da un punto di vista tecnico nuovi strumenti a supporto della gestione dell’azienda zootecnica e per evidenziare le prospettive aperte grazie all’adozione di sensoristica dedicata per il monitoraggio degli alimenti e dei capi allevati.

Introduzione

Il progetto DIMostrazione e inFORmazione per innovare l’allevamento lombardo mediante la ZOOtecnia di precisione - DIM4ZOO” finanziato nell’ambito dei PSR Regione Lombardia, Operazione 1.2.01 – “Progetti dimostrativi e azioni di informazione” è partito nell’ottobre 2017, quando il termine “zootecnia di precisione”, oggi di estrema attualità, iniziava a farsi strada in modo crescente nei discorsi di allevatori e tecnici lombardi. Ad accompagnare il CREA di Lodi nel percorso di questo progetto sono stati l’Associazione Provinciale Allevatori di Cremona (APA) e successivamente l’Associazione Regionale Allevatori della Lombardia (ARAL). Il progetto prevedeva l’organizzazione in 2 sottoprogetti: il primo dedicato a eventi di tipo informativo (convegni, seminari), il secondo dedicato a eventi a carattere dimostrativo, principalmente realizzati come visite ad allevamenti che hanno dato la loro disponibilità a illustrare le principali innovazioni di zootecnia di precisione da loro appena adottate. Nella Tabella 1 si riportano le diverse azioni in cui si è articolata l’attività del progetto. Sotto-progetto Azione    


1. Informazione     Significato e valorizzazione dell’analisi termografica dei foraggi insilati

1. Informazione     Giornate informative sulla valutazione degli investimenti in nuove tecnologie per la rilevazione degli estri

1. Informazione     Importanza delle tecniche di alimentazione di precisione

1. Informazione     Valorizzazione del potenziale informativo derivante dalle tecnologie digitali associate ai sistemi di mungitura

1. Informazione     Creazione di una piattaforma informatica a supporto dell’innovazione digitale in zootecnia

2. Dimostrazione   Monitoraggio della stabilità aerobica degli insilati mediante analisi termografica

2. Dimostrazione   Valutazione dimostrativa sui criteri di scelta dell’investimento e successiva gestione e valorizzazione dei sistemi per la rilevazione dell’estro

2. Dimostrazione   Dimostrazione dell'analisi in-line degli alimenti e uso delle informazioni ottenute per l’alimentazione di precisione

2. Dimostrazione   Dimostrazione del potenziale informativo derivante dalle tecnologie digitali associate ai sistemi di mungitura


Tabella 1. Azioni in cui si è articolato il progetto DIM4ZOO

Nei contenuti affrontati, i 2 sottoprogetti sono risultati fortemente connessi, in quanto la filosofia adottata è stata quella di alternare le situazioni dimostrative “in campo”, nelle quali ogni operatore poteva toccare con mano le innovazioni di suo interesse, a momenti più rivolti alla riflessione, nella forma di seminario in cui l’esperto (accademico o pratico) si alterna agli stessi allevatori che hanno ospitato eventi dimostrativi.

Per semplificare, le quattro aree trattate sono state:

  • Monitoraggio della qualità degli insilati, principalmente con termografia
  • Strumenti per la rilevazione automatizzata degli estri e cenni a una valutazione dell’investimento
  • Alimentazione di precisione e gestione dei dati necessari
  • Importanza delle informazioni ottenibili dalla sensoristica applicata ai sistemi di mungitura.

L’importanza degli insilati e della loro qualità per la zootecnia da latte lombarda

L’insilamento dei foraggi rappresenta una delle armi vincenti nella strategia per contenere a livelli competitivi i costi di alimentazione nella produzione di latte bovino, anche in situazioni di importanti produzioni DOP. A tale proposito, uno dei nemici principali della qualità microbiologica dell’alimento è il deterioramento aerobico che, nella fase di impiego del prodotto, soprattutto in condizioni di clima caldo umido, può essere la causa di una ripresa di attività indesiderate. Infatti, la ripresa di attività dei lieviti, rilevabile su tutto il fronte di consumo con un rapido esame termografico, può favorire lo sviluppo di muffe e la ripresa di attività della microflora sporigena. Tra le innovazioni che stanno investendo questo settore vi è una tendenza ad avere una maggiore lunghezza di taglio, al fine di garantire nella miscelata unifeed una buona componente di fibra strutturata (importante per il benessere ruminale della bovina) derivante dal silomais. Tuttavia, questo tipo di innovazione ha creato qualche diffidenza iniziale in alcuni operatori che temevano di non poter raggiungere, con questi sistemi di raccolta e taglio, i valori di compattamento e densità desiderati per avere un prodotto stabile in trincea. Abbiamo visto che, in realtà, lavorando bene nella fase di compattamento e chiusura del silo, si riesce ad avere un eccellente risultato, come testimoniato dalle nostre verifiche strumentali abbinate a riscontri analitici chimici.

Nel corso degli eventi dimostrativi nelle aziende che ci hanno ospitato, abbiamo potuto dimostrare l’importanza e la relativa facilità di impiego della tecnica termografica. Lo abbiamo visto prima di tutto sul silomais, ove abbiamo potuto rilevare facilmente le associazioni tra la presenza di alcuni punti critici nella massa e quanto evidenziabile termicamente. Per poter avere la controprova di alcune situazioni di scarsa compressione, abbiamo accompagnato l’esame termografico a quello della resistenza alla penetrazione (sintomo di scarso compattamento della massa), realizzato con un penetrometro manuale. Toccando un ampio areale nella fascia meridionale della nostra Regione, abbiamo potuto apprezzare situazioni colturali abbastanza diversificate, nelle quali abbiamo verificato l’eccellente livello di gestione (e la conseguente qualità) di insilati quali quelli di frumento (per le essenze vernine) e il sorgo (per le estive).

Le modalità di controllo dell’insilato sono anche state esemplificate in un video realizzato nel progetto e ora disponibile sul sito (https://dim4zoo.aral.lom.it/). In quel video emerge chiaramente come dall’abbinamento tra termografia ed esame con NIR portatile sia oggi possibile un monitoraggio efficace delle caratteristiche dell’alimento che, in molti casi, costituisce la base foraggera nelle stalle da latte padane. Durante gli eventi in allevamento, ci si è soffermati anche sulla evoluzione dei metodi di valutazione sintetica degli insilati mediante punteggi derivanti dalla applicazione di formule che considerano il diverso rapporto tra gli acidi grassi presenti nell’insilato e altre caratteristiche analitiche dello stesso per riassumere un giudizio sulla qualità della conservazione (soprattutto i “vecchi” indici) e sulla attitudine alla stabilità aerobica (soprattutto i “nuovi” indici). Per le trincee in particolare, si è colta l’occasione, ove possibile, di sottolineare come la gestione della stabilità aerobica del fronte di utilizzo sia fortemente condizionata dalla progettazione della struttura stessa (rapporto tra le dimensioni) e dalla sua manutenzione (problemi sulla tenuta delle pareti laterali che spesso si riflettono in una degradazione dell’alimento in corrispondenza di fessurazioni non riparate tra due elementi prefabbricati).

L’automazione nella rilevazione degli estri quale leva verso una prima introduzione del controllo individuale delle bovine mediante sensori

I sistemi di rilevazione degli estri, generalmente realizzati grazie all’impiego di sensori “indossati” dalle bovine, sono stati tra i primi dispositivi di zootecnia di precisione a diffondersi nei nostri allevamenti come in tutta Europa. Questo è dovuto a diversi motivi. In primo luogo, la rilevazione degli estri è una delle operazioni tradizionalmente più gravose in termini di tempo di lavoro e di modalità, dovendo svolgersi anche in orari particolari come quelli di tarda sera. La possibilità di beneficiare di una tecnologia che rileva automaticamente, 24 ore al giorno, l’eventuale presenza di bovine in calore, consente un più agevole controllo di mandrie anche numerose (come quelle sempre più presenti nella evoluzione della struttura degli allevamenti da latte in questi anni, con un importante aumento della dimensione media delle mandrie) e questo è certamente un altro elemento che ha fatto trovare terreno favorevole alla diffusione di tale innovazione. In seconda battuta, gran parte di questi sistemi non necessita di un grosso investimento fisso iniziale; certamente ci sono elementi da installare per scaricare e gestire i dati che vengono rilevati da attivometri, ma una buona parte del costo è nell’acquisto della componente che viene messa “a bordo” della bovina, agli arti, al collare o come auricolare ed è quindi proporzionale al numero di capi presenti. Dopo una prima fase di sviluppo della sensoristica che, in alcuni casi, ha visto evoluzioni importanti nel giro di poco più di un lustro, un elemento in grande evoluzione è rappresentato dagli algoritmi interpretativi. Infatti, gran parte di questi sensori consiste di accelerometri triassiali, oggi realizzati a costi veramente bassi; questi dispositivi registrano la posizione che hanno rispetto al suolo (quindi la posizione che assume l’animale) e l’accelerazione determinata dal movimento stesso. In questo modo, grazie a una analisi statistica dei dati grezzi e della loro sequenza, abbinata a una fase detta di labeling (etichettatura, cioè la fase in cui a ciascuna sequenza di dati grezzi viene abbinato un ben preciso comportamento rilevato visivamente) è possibile definire il comportamento dell’animale stesso e derivarne l’associazione all’estro. Nel tentativo di migliorare la capacità di rilevare in modo preciso l’estro, questi sensori sono stati usati anche per quantificare il comportamento alimentare e, in particolare, la ruminazione, generalmente intesa come quantità di tempo dedicata dalla bovina a tale attività in un giorno: quando a un aumento dell’attività motoria si associa una riduzione del tempo di ruminazione, è molto più probabile che si abbia una corretta identificazione dell’estro. Tuttavia, gli algoritmi sviluppati per rilevare la ruminazione risultano utili anche in assenza di estro (ad esempio a bovina già gravida) in quanto ci danno una misura della condizione di soddisfacimento del fabbisogno in fibra della bovina per la salute del suo rumine e, più in generale, forniscono una indicazione dello stato di benessere dell’animale. Proprio in un nostro studio, ad esempio, si è rilevato che il forte aumento della temperatura ambientale, che si ha anche in Pianura Padana nel periodo estivo, può di per sé determinare una riduzione della ruminazione, soprattutto nelle ore più calde, mettendo in questo modo a rischio la salute e innescando un processo che porta in poche ore a una perdita in termini produttivi del soggetto colpito da questo stress da caldo (Abeni e Galli, 2017).

Questa multifunzionalità del singolo sensore o sistema deve entrare nella valutazione di convenienza dell’investimento in queste tecnologie. Infatti, si parla oggi di valore dell’informazione, che non è altro che l’impatto economico conseguente a una scelta gestionale adottata grazie all’informazione ottenuta dal sensore meno l’impatto economico della stessa tipologia di scelta gestionale adottata senza l’uso del sensore. Il valore dell’informazione dello stesso sensore cambia in funzione della situazione in cui viene adottato. Ad esempio, in situazioni di gestione particolarmente scadente, potrebbe essere che il sistema acquisito non dia grandi risultati, magati proprio perché non vi è una preparazione adeguata degli operatori o, a volte, perché il problema da affrontare ha raggiunto una situazione così deteriorata che richiede interventi più radicali; oppure, paradossalmente, se vi è già in allevamento, per diverse ragioni, un eccellente livello di rilevazione dei calori, l’effetto della introduzione di tale strumentazione avrebbe ben poco margine per determinare un miglioramento significativo.

L’alimentazione di precisione

Si parla spesso di alimentazione di precisione; anche in DIM4ZOO è stato affrontato questo tema in relazione alla bovina da latte. Generalmente, si tende a identificare buona parte di questa tematica nella acquisizione di strumentazioni (prevalentemente NIR) in grado di fornire in tempo reale la composizione chimica di un alimento. Questa possibilità di conoscere in tempo reale la composizione di un ingrediente consente il suo ottimale inserimento nella razione, spesso consentendo una importante correzione, nel caso degli insilati, della reale quantità di sostanza secca da inserire in funzione della umidità effettivamente riscontrata (estremamente variabile nel tempo e in funzione anche della posizione nel silo). Negli eventi dimostrativi realizzati, è stato possibile verificare l’importanza di tali sistemi, soprattutto quando installati su carri miscelatori in allevamenti che fanno un ampio ricorso agli alimenti insilati, comprendendo spesso, oltre al silomais, erbai vernini e pastoni di cereali. Un elemento sul quale ci sarà ancora da lavorare è quello della ottimizzazione della allocazione delle bovine nei gruppi di alimentazione in funzione della migliore copertura dei fabbisogni in relazione alle miscelate distribuite in allevamento. Infatti, è largamente diffusa la pratica di avere meno gruppi possibili (e già qui è difficile parlare di alimentazione di precisione) e basati solo sulla fase di lattazione, senza andare a distinguere l’effettiva capacità produttiva e, soprattutto, la reale uniformità dei soggetti presenti all’interno del gruppo stesso. Anche a questo potrà venire incontro la capacità di gestire tutte le informazioni sulla singola bovina (incluso peso e condizione corporea) che ne consentono la corretta allocazione nel gruppo alimentare più idoneo.

Il potenziale informativo derivante dalle tecnologie digitali associate ai sistemi di mungitura

Pur con qualche sviluppo antecedente, a partire dalla introduzione del robot di mungitura si è assistito a grandi passi avanti nella sensoristica applicata alla fase di mungitura o comunque installata nei locali per la stessa. Da nostre indagini sul territorio cremonese (Abeni et al., 2019), è emerso come spontaneamente molti allevatori abbiano sentito l’esigenza di installare lattometri in grado di registrare automaticamente a ogni mungitura la produzione di ciascuna bovina. La variabilità della produzione a ogni mungitura rappresenta uno dei primi indicatori di prestazione, da un lato, ma anche e soprattutto di presenza di problemi, dall’altro lato, in quanto sia i disturbi metabolici che quelli mammari (piuttosto che infiammatori generali) hanno una immediata e significativa ricaduta sulla produzione, sia diretta che indiretta (vale a dire mediata da variazioni di ingestione di alimento a seguito del calo di appetito). Grazie alla tecnologia inclusa nel sistema di mungitura, si è arrivati a migliorare le informazioni disponibili, ad esempio, sulla velocità di eiezione del latte, piuttosto che sulla conducibilità elettrica (associata alla presenza di disturbi secretori) o sul colore del latte stesso (ad esempio nei casi di presenza di sangue). Anche ai sistemi di mungitura può essere associata la tecnologia di analisi basata sulla riflettanza nel vicino o medio infrarosso, per analizzare in tempo reale la concentrazione dei macrocomponenti (grasso, proteina, lattosio). In alcuni casi, con una tecnologia differente, abbiamo visto nei nostri eventi dimostrativi come esistano dei sistemi automatizzati di campionamento e analisi del latte direttamente durante la normale mungitura, regolati dall’utilizzo di “modelli animali” che stabiliscono anche il momento ideale del campionamento, per fornire analisi del progesterone nel latte, per dare indicazioni sulla ripresa dell’attività ovarica post-parto e individuare anche il momento migliore per l’inseminazione artificiale. Gli stessi sistemi sono in grado di determinare l’attività dell’enzima LDH (associato alla probabile insorgenza di mastite) o il livello di betaidrossibutirrato e urea, importanti indicatori ai fini della corretta gestione della alimentazione della bovina da latte.

Conclusioni

Alla fine del progetto stesso, tirando le somme della partecipazione agli eventi, ci siamo piacevolmente accorti del riscontro che tanti operatori ci hanno dato, in termini di partecipazione e attenzione costante, durante tutto l’arco temporale di svolgimento degli incontri. Le innovazioni che ogni giorno vengono proposte in questo settore sono certamente molto stimolanti; per la loro corretta ed efficiente applicazione, non dobbiamo dimenticarci dell’importanza di nuovi fabbisogni formativi per tutte le figure coinvolte nel sistema produttivo zootecnico, unitamente a un costante confronto di esperienze tra gli allevatori stessi.  


 Fabio Abeni

CREA Centro di ricerca Zootecnia e Acquacoltura, Sede di Lodi