Periodico di informazione e cultura professionale dell'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali di Milano

L’impiego di modelli di dispersione nell’ambito della valutazione delle ricadute di composti odorigeni nel settore zootecnico

L’impiego di modelli di dispersione nell’ambito della valutazione delle ricadute di composti odorigeni nel settore zootecnico

L’impiego di modelli di dispersione atmosferica per la valutazione delle ricadute delle emissioni di composti odorigeni da parte di strutture zootecniche è uno strumento adottato in Lombardia per evitare o contenere i disturbi alla popolazione residente in prossimità delle aziende di allevamento. L’approccio individuato dalla Regione Lombardia fornisce uno strumento di gestione di questa problematica in un’area con forte densità animale e costituisce per gli agronomi un’occasione per acquisire e applicare nuove competenze tecniche.

Introduzione

Nell'ordinamento giuridico italiano, fra le norme di carattere nazionale, sono state per lungo tempo assenti disposizioni volte a disciplinare le emissioni di odorigeni e gli impatti olfattivi mediante criteri quantitativi. I motivi sono diversi e, sebbene l'impatto olfattivo di alcune tipologie di emissioni sia stato riconosciuto come disturbo, anche rilevante, nella popolazione residente più prossima alla sorgente, per molto tempo è risultato difficile individuare, definire e gestire gli episodi di inquinamento olfattivo a causa della (presunta) soggettività intrinseca di questo tipo di disturbo. Alcune norme relative all’inquinamento atmosferico hanno in realtà toccato la problematica senza, tuttavia, rappresentare uno strumento di controllo e prevenzione.

Un passaggio di rilievo, utile per superare questa lacuna, è stata l’approvazione della norma tecnica di riferimento in ambito europeo - UNI EN 13725:2004 “Determinazione della concentrazione di odore mediante olfattometria dinamica” - che descrive come misurare gli odori e quindi permettere di dare un valore numerico a quanto percepito dal nostro olfatto.  Sulla base di questo documento molti Paesi europei hanno definito norme per valutare e prevenire il disturbo olfattivo individuando criteri di accettabilità. L’approccio più diffuso consiste nel considerare le ricadute degli odorigeni (immissioni) e dunque i valori di concentrazione che potranno essere registrati presso i cosiddetti ricettori, e non l’emissione alla sorgente (Brancher et al., 2017) In Italia è stata la Regione Lombardia la prima, con la DGR  del 15 febbraio 2012 - n. IX/3018, a dotarsi di specifiche norme che intervengono su questa tematica. Questa prevede Linee Guida che si applicano “a tutte le attività che, durante il loro esercizio, danno luogo ad emissioni odorigene e che sono soggette ad autorizzazione integrata ambientale (d.lgs. 152/06 e s.m.i. - parte seconda) o ad autorizzazione alla gestione dei rifiuti (d.lgs. 152/06 e s.m.i. - parte quarta)”.La zootecnia rientra tra le attività ad impatto odorigeno e, sebbene sia prevista la definizione di un approccio specifico che  tenga in considerazione la peculiarità del settore, di fatto  lo studio sulle ricadute di odorigeni è divenuto parte della documentazione prevista nell’ambito degli iter autorizzativi di VIA e AIA. Recentemente altre Regione e Provincie autonome hanno legiferato sulla materia adottando, pur con alcune differenze, l’approccio sviluppato in Lombardia. 

Obiettivo delle ”Linee guida per la caratterizzazione e l’autorizzazione delle emissioni gassose in atmosfera delle attività ad impatto odorigeno” è la predisposizione di cosiddette mappe d’impatto che descrivano le ricadute dei composti odorigeni sul territorio circostante. Queste dovranno essere sviluppate mediante l’impiego di un modello di dispersione atmosferica. I valori individuati, espressi in unità olfattometriche al metro cubo (ouE/m3), vanno  valutati presso i ricettori sensibili rappresentati da residenze, scuole, ospedali, uffici pubblici. Le mappe d’impatto devono riportare i valori di concentrazione orarie di picco di odore al 98° percentile su base annuale, così come risultanti dalla simulazione, a 1, 3 e 5 ouE/m3. Nella valutazione delle mappe d’impatto si considera che

  • alla concentrazione di 1 ouE/m3 il 50% delle popolazione percepisce l’odore;
  • alla concentrazione di 3 ouE/m3 l’85% delle popolazione percepisce l’odore;
  • alla concentrazione di 5 ouE/m3 il 90-95% delle popolazione percepisce l’odore.

Non si tratta di valori di accettabilità con riferimento a specifiche destinazioni d’uso del suolo, come avviene nella normativa di altre Regioni e provincie autonome, ma di indicazioni per la fase di valutazione dell’impatto dell’attività in esame. Nel caso della zootecnia il progettista incaricato  dovrà considerare numerosi e differenti elementi che non attengono alle sole strutture dell’impianto e alla sua gestione, ma anche alle caratteristiche del territorio circostante e alla meteorologia.  

Realizzazione di uno studio dell’impatto prodotto dalle emissioni di odorigeni di natura zootecnica

I passi necessari per lo sviluppo della simulazione modellistica sono diversi e sono elencati nell’Allegato 1 delle Linee Guida.

L’area di indagine

L’area entro la quale dovrà essere valutato il disturbo olfattivo deve corrispondere ad una superficie circolare di 3 km di raggio a partire dai confini dello stabilimento. Questi ultimi delimitano un’area nella quale sono incluse tutte le singole sorgenti emissive (Figura 1). Dell’area d’indagine devono essere raccolte una serie d’informazioni relative all’uso del suolo, all’orografia e alla meteorologia. Inoltre dovranno essere segnalati sulla cartografia i ricettori sensibili.

BUFF1Figura 1. Confini dello stabilimento e identificazione delle sorgenti  

Sorgenti di emissione

Tutte le sorgenti di emissione di odorigeni devono essere definite individualmente nelle loro coordinate e deve essere condotta una stima quantitativa della portata di odorigeni rilasciati  (espressa in uoE/s). A tal fine devono essere individuati, nella letteratura scientifica e tecnica, opportuni “fattori di emissione“ adeguati alle caratteristiche dell’azienda (specie animale, stadio di sviluppo, tipo di stabulazione, gestione dei reflui, ecc.). In alternativa possono essere condotte misure olfattometriche (Bax et. al., 2020).  La scelta dei fattori di emissione è un aspetto critico della procedura e richiede che vengano presi in esame le fonti di riferimento più autorevoli.

Le sorgenti emissive possono essere classificate nelle seguenti categorie: sorgenti convogliate puntiformi o areali, sorgenti diffuse (non convogliate) areali, sorgenti diffuse volumetriche, sorgenti fugitive.  In ambito zootecnico le sorgenti sono principalmente di tipo diffuso areale come nel caso di una vasca di stoccaggio dei reflui, o sorgenti areali convogliate quando vi sia un movimento attivo dell’aria esausta, com’è  il caso di ricoveri per avicoli dotati di ventilazione forzata o, ancora, nel caso di biofiltri. I ricoveri a ventilazione naturale, le strutture più diffuse in ambito zootecnico, possono essere ragionevolmente assimilati ad una sorgente areale diffusa, dove l’emissione è riferita numero di capi presenti (potenziali), e la superficie di emissione è data dalla proiezione del ricovero sul piano. Questa è chiaramente una semplificazione necessaria che potrà essere superata mediante campionamenti olfattometrici  e misure anemometriche locali.

La quota di rilascio può essere considerata, per le stalle con tetto a due falde, pari a quella della fessura di colmo nel tetto in genere protetta dalla pioggia mediante cupolino. Le finestrature laterali dei ricoveri, in relazione alla stratificazione delle temperature all’interno del ricovero stesso, soprattutto in inverno, e alla scarsità di episodi di vento significativi in Lombardia devono essere considerate esclusivamente superfici di ingresso dell’aria ambiente. La temperatura di uscita dell’aria esausta può essere stimata da dati di letteratura o definita mediante misure. In questo ambito può essere problematico individuare, data l’ampia varietà di strutture di ricovero esistenti, in quale modo descrivere la sorgente. L’ampia bibliografia su questa tematica può  tuttavia essere d’aiuto (Mielcarek e Rzeźnik,  2015). Si segnala a questo proposito il recente (2020) aggiornamento dell’elenco dei fattori di emissione per la zootecnia pubblicato dal Land tedesco della Sassonia.

Le emissioni sono considerate in genere costanti nel caso dei ricoveri per bovini e per suini, anche se per questi ultimi le variazioni di peso vivo nei ricoveri sono più rilevanti.  Per gli avicoli è possibile, nell’ambito della simulazione, considerare l’andamento del ciclo produttivo (variazioni del peso vivo e quindi delle emissioni unitarie) nonché i periodi di fermo sanitario. I dati che dovranno essere forniti con il documento tecnico sono le coordinate planimetriche delle singole sorgenti, l'area della superficie emissiva esposta all’atmosfera, la portata di odore, la quota altimetrica del suolo alla base della sorgente, altezza del punto di emissione rispetto al suolo.

Meteorologia

Il modello di dispersione richiede la disponibilità di dati meteorologici di dettaglio (orari o semiorari) riferiti alle grandezze temperatura dell’aria, precipitazioni, umidità relativa, radiazione solare, direzione e velocità del vento. Le Linee Guida prevedono che vengano individuate una o più stazioni di misura meteorologiche a non più di 10 km dall’Azienda. L’intervallo su cui sviluppare la simulazione non deve essere inferiore a 12 mesi.  In generale la completezza dei dati deve essere elevata ed eventuali dati mancanti dovranno essere stimati secondo una procedura da indicare nello studio.  Per la scelta del periodo di simulazione è utile prendere in esame dati più anni di e individuare quello che appare più vicino al dato climatico, in particolare per quanto riguarda velocità e direzione del vento. La predisposizione di rose dei venti annuali e stagionali sarà utile per una prima valutazione dei dati disponibili (scelta dell’anno più rappresentativo delle condizioni medie) e, in seguito, nell’esame dell’output del modello.  Della griglia di calcolo deve essere riportata l’origine e il passo.

Ricettori sensibili

Con ricettore si intende, in generale, un’area del territorio per cui la simulazione prodotta dal modello calcoli una concentrazione di odore. I ricettori sensibili sono usi del suolo (es. zone residenziali) per i quali le Linee Guida riconoscono una particolare “suscettibilità” o, appunto,  sensibilità rispetto alle concentrazioni di odore. Ricadono in questa categoria le aree residenziali (vengono considerate in particolare le residenze più vicine alla sorgente), scuole, ospedali e strutture di uso pubblico (es. gli uffici comunali). Le Linee Guida segnalano la necessità che tali ricettori siano individuati anche alla luce degli strumenti di pianificazione locale (PGT). I ricettori sensibili devono essere individuati con le loro coordinate e riportati in un'apposita mappa (Figura 2).  

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Figura 2. Localizzazione dei ricettori sensibili

Il modello di dispersione

In generale, l’impiego di un modello di dispersione consente di ottenere un quadro delle concentrazioni attuali al suolo e permette di disporre di dati sulle relazioni tra emissioni e immissioni (matrice sorgenti – ricettori) discriminando, eventualmente, fra i contributi delle diverse sorgenti. Infine, permette di valutare scenari ipotetici di emissioni diversi dal quadro attuale o passato (funzione predittiva). Le Linee Guida prevedono che possano essere utilizzati modelli di dispersione riferiti a tre approcci diversi: modelli non stazionari a puff,  modelli 3D lagrangiani (a puff o a particelle),  modelli 3D euleriani. 

Tra i modelli più largamente impiegati il più noto è Calpuff (Scire et al., 2000), strumento disponibile gratuitamente che, tuttavia richiede per il suo utilizzo una discreta preparazione di carattere fisico e informatico. Possono venire in aiuto applicativi disponibili sul mercato in grado di supportare il tecnico nel predisporre i file di input al modello e nel sintetizzare successivamente i dati di output. Il modello di dispersione CALPUFF, è uno strumento di calcolo realizzato dalla americana Earth Tech Inc. e appartiene alla tipologia di modelli individuati dalle Linee Guida RTI CTN_ACE 4/2001 “Linee guida per la selezione e l’applicazione dei modelli di dispersione atmosferica per la valutazione della qualità dell’aria”, redatte dall’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, Centro Tematico Nazionale – Aria Clima Emissioni (2001). Esso ricade tra gli approcci individuati dalla norma UNI 10796 ed è compreso tra i “preferred models” segnalati  da US-EPA per la stima della qualità dell’aria. CALPUFF è un modello multispecie a carattere non stazionario di dispersione atmosferica in grado di  simulare gli effetti di una meteorologia variabile nello spazio e nel tempo sul trasporto dei composti di interesse, compresi gli odori, la loro trasformazione nonché la loro stessa rimozione. Fra le ragioni che suggeriscono l’impiego di CALPUFF, si possono elencare le seguenti: l’algoritmo principale di CALPUFF implementa un modello di dispersione non stazionario a puff gaussiano. Questo permette la trattazione rigorosa ed esplicita anche dei periodi nei quali il vento è debole o assente, a differenza dei più noti modelli a pennacchio gaussiano (Gaussian plume models); i coefficienti di dispersione sono calcolati dai parametri di turbolenza (u*, w*, LMO), anziché dalle classi di stabilità Pasquill-Gifford-Turner. Vale a dire che la turbolenza è descritta da funzioni continue anziché discrete; alle sorgenti emissive possono essere assegnate emissioni variabili nel tempo, ora dopo ora; Il sistema modellistico CALMET/CALPUFF può riprodurre fenomeni quali la stagnazione degli inquinanti (calme di vento), il ricircolo dei venti, e la variazione temporale e spaziale delle condizioni meteorologiche. 

CALPUFF può descrivere sorgenti puntiformi, volumetriche, areali e lineari. Esso viene utilizzato in catena con il modello meteorologico diagnostico CALMET, tuttavia per  la creazione dei file di input del modello (pre-processamento) e il successivo post-processamento, cioè l’elaborazione dei file di output del modello, possono essere di supporto software commerciali.   

Presentazione dei risultati

Le mappe d’impatto sono elaborate in base alle concentrazioni orarie di picco di odore, determinate moltiplicando la concentrazione di odore calcolata dal modello Calpuff, in ogni punto della griglia del dominio spaziale di simulazione e in ogni ora del dominio temporale di simulazione, per il fattore 2.3 (peak-to-mean ratio). Oltre alle mappe d’impatto devono essere forniti i valori del 98° percentile del valore di picco orario valutato su base annuale presso i ricettori sensibili. I dati del 98° percentile per ogni punto di griglia, possono quindi essere interpolati. I valori riscontrati presso i ricettori sensibili consentono le successive valutazioni sulla base dei valori di riferimento proposti dalle Linee Guida.  

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Figura 3. Mappa d'impatto

Qualora il quadro delle ricadute, cioè le concentrazioni di odore stimate dalle mappe di impatto presso i ricettori sensibili, non siano giudicati accettabili, il tecnico dovrà proporre all’azienda interventi per il contenimento delle emissioni quali, ad esempio, la copertura delle vasche di stoccaggio dei liquami o delle concimaie, o, nel caso di impianti produzione suinicola, l’adozione di sistemi di allontanamento rapido delle deiezioni (vacuum system). Definiti gli interventi, viene ripetuta la simulazione.

Considerazioni conclusive

Nel complesso le Linee Guida hanno portato ad una crescente attenzione verso questa problematica, stimolando una maggiore consapevolezza da parte degli operatori del settore e, nel tempo, consentiranno di contenere i disagi per i residenti più prossimi ad attività zootecniche. Va ricordato che lo studio sull’impatto odorigeno delle attività zootecniche non comprende gli effetti degli spandimenti.

Vanno evidenziati alcuni elementi di debolezza tra i quali l’individuazione dei corretti fattori di emissione la cui scelta è lasciata al tecnico; sarebbe sicuramente preferibile che venissero messi a disposizione valori consigliati da cui discostarsi se particolari condizioni locali o di gestione dell’allevamento lo rendessero giustificato. Questo renderebbe le stime condotte su aziende diverse tra di loro confrontabili. Le Linee Guida prevedono che lo studio consideri le “caratteristiche di fondo”, ossia le concentrazioni di odore alle quali le ricadute dell’impianto in esame andranno a sommarsi. Sebbene il modello consenta di inserire questa variabile, nei fatti questa informazione - la concentrazione di fondo di odore - è molto difficile da acquisire se non con misure olfattometriche da eseguire presso i ricettori. L’impianto viene quindi preso in esame come una fonte di odorigeni isolata. Infine, la scelta di non individuare limiti di accettabilità (verranno fissati in un secondo momento in sede di revisione delle Linee Guida), rende la fase di valutazione dei risultati più incerta, con il rischio che l’azienda non introduca o posponga nel tempo interventi capaci di limitare l’impatto degli odori.   

In conclusione: l’approccio individuato dalla Regione Lombardia per valutare l’inquinamento da odori e valutare l’impatto di attività, quali quelle zootecniche sul territorio e i residenti è sicuramente molto innovativo rispetto alla normativa applicata in altri Paesi con un’importante tradizione zootecnica. Il ruolo del tecnico incaricato di sviluppare l’analisi delle ricadute è centrale e deve prevedere l’acquisizione di nuove competenze che, nel caso dell’agronomo, possono non essere presenti nel suo background di studi. L’agronomo è tuttavia la figura di riferimento per la sua conoscenza delle strutture aziendali, della loro gestione e dei possibili interventi di contenimento delle emissioni. La collaborazione con figure tecniche diverse può consentire lo sviluppo di analisi più precise e dettagliate.

Bibliografia

Brancher M., David Griffiths K. D., Franco D., de Melo Lisboa H., 2017. A review of odour impact criteria in selected countries around the world Chemosphere 168: 1531-1570

Bax C., Sironi S., Capelli L.,2020.  How Can Odors Be Measured? An Overview of Methods and Their Applications Atmosphere 2020, 11, 92.

Mielcarek P., Rzeźnik W.,  2015. Odor Emission Factors from Livestock Production. Pol. J. Environ. Stud.,.24,1: 27-35.

Scire, J.S., Strimaitis, D.G., Yamartino, R.J., 2000. A User's Guide for the CALPUFF Dispersion Model, Earth Tech, Inc., Concord, Massachusetts, 521 pp.


 Armando Buffoni