Periodico di informazione e cultura professionale dell'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali di Milano

Il valore del verde per città resilienti – Seconda parte

Una rete ecologica polivalente su scala urbana

Le piccole aree verdi che erogano i servizi ecosistemici nel tessuto urbano, nella stragrande maggioranza dei casi, non hanno habitat naturali ben conservati, paragonali a quelli delle aree protette e quindi non possono dare un contributo rilevante per la conservazione delle specie animali che guidano la definizione delle reti ecologiche (Battisti, 2007, Malcevschi 2010). Basta però un veloce sguardo dall’alto per capire che qualunque città di dimensioni medio-grandi presenta molte aree verdi, lembi di natura in una distesa di cemento. Ci sono parchi agricoli periferici, grandi parchi storici, parchi pubblici, giardini privati, filari di alberi e aiuole che nella media dei capoluoghi di provincia italiani possono totalizzare circa 30 m2 per abitante (Dinetti, 2009). Questa trama verde urbana può essere visualizzata come una ragnatela irregolare, costituita da fili spesso esili come un filare alberato e da nodi più grandi rappresentati dai parchi. Bisogna ammettere, tuttavia, che quella appena descritta è in realtà una situazione ideale: spesso infatti la ragnatela è danneggiata, piena di buchi o quasi del tutto inesistente. Per sistemarla e renderla efficiente occorre un lavoro paziente, preciso e anche coraggioso, come quello che farebbe un ragno per completare la sua opera.

Inquadrare il verde urbano in una rete può avere senso per regalare ai cittadini spazi più vivibili, funzionali e accoglienti, ma risulta necessario reinterpretarne i ruoli e la struttura. I corridoi ecologici, per esempio, sono importanti per la protezione delle specie animali più mobili, come gli uccelli e alcuni mammiferi, e le reti ecologiche che cercano di collegare le aree protette rispondono a questa esigenza. In ambito urbano, tuttavia, la funzione faunistica diventa meno rilevante, perché la rete deve essere progettata soprattutto a vantaggio dei cittadini.

Tra i benefici più evidenti che ne conseguono ci sono il miglioramento della qualità dell’aria, la riduzione del rumore e del calore estivo e la mitigazione visiva, tutte modifiche che portano ad un generale miglioramento della qualità della vita immediatamente percepibile, pur con un occhio di riguardo per la biodiversità urbana. Una trama verde ben progettata può anche diventare un’occasione per creare percorsi di mobilità dolce, quali sentieri pedonali e piste ciclabili, e di iniziative di educazione ambientale, che possono generare un maggiore senso di appartenenza ai luoghi. Quella che nasce è quindi, più correttamente, una rete ecologica “polivalente”, che assieme alle funzioni a favore della biodiversità ne accoglie altre, generate dai bisogni dei cittadini.

In più, la visione strategica questo approccio permette di modulare le scelte di trasformazione urbana, così da individuare già in fase progettuale le criticità e le relative soluzioni, in termini di mitigazione, compensazione e migliore inserimento ambientale e paesaggistico. La progettazione delle aree verdi, quindi, non deve avvenire a posteriori delle scelte pianificatorie, ma contemporaneamente, in modo da individuare le soluzioni in un contesto più ampio.

La definizione di una rete ecologica polivalente in ambito urbano può avvenire attraverso una serie di fasi successive, che prevedono attività di ricerca, rilievi botanici e faunistici, sopralluoghi sul campo per verificare le informazioni e raccolta delle volontà di cittadini e associazioni attive sul territorio. Il ruolo delle aree verdi esistenti o in progetto (inquadrate come aree nodali, fasce di connessione, aree di tappa, possibili varchi) è definito in base ai risultati dei sopralluoghi e ai servizi ecosistemici erogati. Solo a questo punto si vedono in dettaglio gli interventi di gestione e miglioramento delle singole aree verdi e la progettazione di quelle nuove. Queste ultime, in particolare, dovrebbero adottare tutti gli accorgimenti tecnico-progettuali per fornire quanti più servizi ecosistemici (drenaggio urbano, fascia tampone, assorbimento e fissazione inquinanti, ecc.), ridurre gli oneri di manutenzione e raccordarsi con la rete ecologica urbana.

Il processo deve prevedere necessariamente una campagna di comunicazione e coinvolgimento dei cittadini, che rende noto quanto si sta facendo. Questo ultimo aspetto è particolarmente rilevante sulla scala urbana: la rete ecologica polivalente funziona e si consolida solo quando è ben comunicata, ampiamente compresa e sostenute dai cittadini. Una delle formule più efficaci per aumentare il coinvolgimento del pubblico sono i cosiddetti "bioblitz", termine nato nel mondo anglosassone che fa riferimento a giornate di monitoraggio divulgative, aperte a tutti i cittadini, nelle quale uno o più esperti (agronomi, botanici, biologi o naturalisti) vanno ad esaminare un'area verde assieme ai cittadini.

In estrema sintesi, definire una rete ecologica urbana polivalente richiede un approccio multidisciplinare che punta a realizzare un progetto efficace e sostenibile: efficace perché ha lo scopo di aumentare la multifunzionalità delle singole aree a verde, rispondere a problemi ambientali con Nature based Solutions e quindi incrementare l’offerta di servizi ecosistemici; sostenibile per contenere gli oneri manutentivi e quindi presentare alle amministrazioni un rapporto costi/benefici soddisfacente.

Risultati: applicazioni della metodologia e casi studio

Le procedure seguite per definire lo studio di fattibilità di queste reti ecologiche polivalenti su scala urbana devono essere molto flessibili, per adattarsi ai diversi contesti, alle scale variabili e ai dati di partenza, che possono essere differenti da comune a comune. Di seguito vengono presentati due progetti di costruzione di reti ecologiche con approcci differenti, nelle città di Genova e Milano.

 

Studio sulla biodiversità urbana e periurbana, preliminare al Piano del Verde di Genova Comune di Genova, Settore Parchi e Verde della Direzione Manutenzione Infrastrutture, Verde e Parchi (approvato con Deliberazione adottata dalla Giunta comunale nella seduta del 19/04/2012 N° 00112/2012)

Nel 2010 il Comune di Genova ha voluto valutare lo stato del verde cittadino, soprattutto il suo valore potenzialità per costruire una rete ecologica urbana polivalente. Dopo un anno di analisi, sopralluoghi e monitoraggi, è stato redatto lo Studio sulla Biodiversità urbana e periurbana (PN Studio, 2012). Composto da cartografia, relazione e linee guida, il documento dava mandato ai settori competenti di redigere il Piano del Verde, ovvero pianificare tempi e risorse economiche per l’attuazione degli obiettivi fissati dallo Studio.

Lo Studio contiene la bozza della rete ecologica urbana, con le aree nodali e i corridoi ecologici principali, la valutazione della qualità delle aree verdi urbane basata sui servizi ecosistemici offerti e il loro potenziale per incrementare la biodiversità e dà indicazioni progettuali sugli interventi di trasformazione previsti dal Piano Urbanistico Comunale (PUC). Lo Studio comprende una cartografia originale, formata dalla Carta della multifunzionalità delle aree verdi, Carta della Biodiversità (basata sulla definizione dei valori di biodiversità urbana calcolati in base all’avifauna urbana, un ottimo bioindicatore, vedi Battisti 2007, Dinetti 2009), Carta della sensibilità ecologica e della Rete Ecologica Urbana.

La progettazione delle aree a verde in queste aree in trasformazione, secondo il PUC, non doveva avvenire quindi a posteriori delle scelte pianificatorie ma contestualmente, in modo da individuare soluzioni e modalità sinergiche per riuscire a gestire un processo e non un’azione singola, che rischia sempre di ridurre il ruolo del “verde” a mero elemento di arredo.

Allo stato attuale, Genova non si è ancora dotata del Piano del Verde, sebbene lo Studio sia stato recepito dal PUC (Piano Urbanistico Comunale) e incluso nel Documento di ottemperanza della relativa VAS (http://puc.comune.genova.it/doc/DCC%206_2014.pdf ) e nella tavola 3 Biodiversità (http://www.comune.genova.it/sites/default/files/DEF/3_STR/3_2_L2_CART/03_tav.pdf).

Le ecostrutture, ovvero le diverse tipologie di aree verdi e degli accorgimenti costruttivi volti a ridurre l’impatto delle attività umane, previste dallo Studio sono tuttora una risposta soddisfacente a problematiche aperte quali il rischio idrogeologico, la produzione di cibo e energia, la regolazione climatica, la conservazione della biodiversità. La fase successiva dovrà prevedere la pianificazione degli interventi per dare vita ad una rete ecologica polivalente.

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Figura 1

Lo Studio sulla biodiversità urbana e periurbana di Genova ha indagato la “sensibilità” ecologica delle aree verdi: in verde minore, in blu intermedia e in rosso elevata (PN Studio, 2012). Le aree più sensibili sono quelle con qualità ambientale e biodiversità più elevata, ma anche quelle più vulnerabili agli impatti delle attività umane.

Collegare due parchi naturali attraverso il tessuto urbano di Milano. Lo studio di fattibilità di rete ecologica urbana del Progetto Riconnettimi, 2015

Grazie a un bando sulle connessioni ecologiche della Fondazione Cariplo, il Parco Nord Milano e un gruppo di comuni (Milano, Cormano, Novate Milanese) hanno avviato nel 2014 uno studio sulla possibilità di migliorare le connessioni ecologiche e la qualità ambientale di un territorio molto compromesso. Il progetto “RiconnettiMI. Perché un riccio passi a Nord di Milano” (http://riconnettimi.blogspot.com/p/progetto-di-connessione-ecologica.html) è partito dall’assunto che l’istituzione di aree protette attorno alla città (come il Parco Nord ad esempio) non può da sola garantire la conservazione del patrimonio biologico, ma necessita della realizzazione di una rete ecologica per la sua tutela e potenziamento.

Pertanto il progetto si è proposto di tutelare e incrementare biodiversità e qualità ambientale, individuando l’esatta tipologia e localizzazione degli interventi, funzionali alla realizzazione di connessioni ecologiche alla scala locale. I principali interventi progettati sono la deframmentazione strutturale, il miglioramento ambientale attraverso la ricostruzione di habitat, il mantenimento di alcune tipologie colturali e la diffusione di buone pratiche agronomiche.

L’ambito di studio ha interessato un territorio di 908 ettari fortemente urbanizzato, ma in cui sono tuttora presenti aree con rilevanti valori naturalistici e una forte identità sociale, dove sono attivi gruppi di cittadini e associazioni, tra cui Il Giardino degli Aromi Onlus, che ha curato il processo di progettazione partecipata. Analisi, rilievi e monitoraggi analisi in sito sono stati eseguiti dai tecnici del Parco, i rilievi floro-faunistici e paesaggistici da PN Studio, la biodiversità dei suoli dall’Università Bicocca. Le indagini sul campo hanno coinvolto 16 aree verdi campione, interessate da altrettanti “transetti”, dedicati allo studio dell’assetto della vegetazione, degli uccelli e delle farfalle, monitorati dalla primavera all’estate con 3 visite per ogni sito. La scelta è stata fatta in base alla dimensione dell’area (almeno un ettaro di superficie) e al ruolo potenziale nella rete ecologica. In alcuni siti meglio conservati, inoltre, sono stati effettuati prelievi di suolo e monitoraggi con fototrappole, per valutare la presenza dei ricci ed altri mammiferi.

Tra le “sorprese” più rilevanti vanno segnalate la presenza di volpi e ricci anche nel pieno del tessuto urbano, la ricchezza entomologica di alcuni siti, con più di 25 specie di farfalle identificate, e la visita ricorrente (ma non la nidificazione) di uccelli legati ad ecosistemi di pianura ben conservati, come il lodolaio, il picchio verde e l’averla piccola, che normalmente non visitano le città così grandi.

I monitoraggi e le interviste sul campo hanno evidenziato le priorità progettuali da perseguire, come mantenere e aumentare la complessità strutturale (più specie arboree di età diverse) delle aree boscate che ospitano le popolazioni di uccelli forestali più esigenti, quali i picchi (specie focale); migliorare la dotazione di siepi in alcune spazi aperti e incolti per consolidare le comunità di farfalle diurne presenti, così come di uccelli legati alle aree agricole; rafforzare il ruolo di presidio svolto dall’area nodale con orti condivisi, in modo da sostenere al meglio le comunità animali già presenti.

Per favorire la libera circolazione dei piccoli mammiferi, quali i ricci, nelle aree verdi più ampie sono stati progettati interventi mirati di deframmentazione, di ottimizzazione degli habitat e per mitigare l’impatto delle strade principali nelle aree più vulnerabili.

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Figura 2

La rete ecologica urbana polivalente messa a punto dal Progetto Riconnettimi per il Nord Milano (PN Studio, 2015)

Sfruttando anche alcuni momenti partecipativi (bioblitz, incontri divulgativi, l’apposito blog http://riconnettimi.blogspot.com/), il progetto ha individuato gli interventi prioritari per il potenziamento del patrimonio vegetazionale attraverso la realizzazione, lo sviluppo e il potenziamento di corridoi ecologici terrestri e fluviali per soddisfare le necessità emerse, primo passo previsto per la realizzazione delle connessioni ecologiche tra due grandi parchi pubblici, quali il Parco Regionale Nord Milano e il Parco della Balossa, separati dall’autostrada A4 Torino-Venezia.

Anche a scala di dettaglio, sono state tracciate le connessioni tra aree verdi, fasce vegetali lungo arterie di traffico, filari alberati, giardini di quartiere, aree incolte o minacciate da urbanizzazioni. Tra queste, una particolare attenzione ha avuto l’area verde di quasi 10 ettari, a ridosso del parco dell’ex Ospedale Psichiatrico, diventato un polmone verde importante per il quartiere, rinominato “Parco POP” e difeso da un ampio comitato di cittadini contro la sua trasformazione a residenze. È stata anche valutata la stima del valore di rendita annua fornita dal parco, in termini di servizi ecosistemici erogati (VET), con un valore annuo variabile tra 85mila e 368mila Euro (Neonato, Tomasinelli, 2013).

Le indicazioni dello studio sono state recepite a luglio 2018 all’interno del nuovo Documento di Piano e relative varianti del Piano dei Servizi e delle Regole (VAS/Rapporto ambientale) del Piano di Governo del Territorio (PGT) del Comune di Milano.

Conclusioni

Oggi più che mai è importante guardare alla città ed al verde urbano con una visione d’insieme, che prenda in considerazione il valore dei servizi ecosistemici nelle scelte pianificatorie. Lo strumento della rete ecologica polivalente può svolgere un ruolo di primo piano in questo contesto, fornendo una trama sulla quale lavorare, organizzando le singole aree verdi in un disegno più ampio. Gli effetti di tale approccio sono visibili su più livelli: a scala locale, perché rendono più vivibili e gradevoli gli spazi verdi anche nel lungo periodo; a scala urbana perché tali spazi verdi beneficiano delle ricadute positive derivanti dalla rete ecologica; a scala territoriale perché questa trama verde può dare un contributo positivo a fenomeni di area vasta, come la gestione dell’acqua piovana, l’attrattività turistica e i flussi migratori dell'avifauna. Questo implica pertanto un nuovo approccio al verde urbano, non più considerato come un elemento di arredo e un costo, ma una risorsa progettata e gestita di conseguenza.

Bibliografia

Battisti C., Romano B., 2007. Frammentazione e connettività. Dall'analisi ecologica alla pianificazione ambientale. Città Studi.

Malcevschi S. 2010. Reti ecologiche polivalenti. Il Verde Editoriale.

Neonato F., Tomasinelli F., Colaninno B., 2019a. Oro verde. Quanto vale la natura in città, Il Verde Editoriale, Milano.


Francesca Neonato

Francesco Tomasinelli

Barbara Colaninno

Il valore del verde per città resilienti - Prima parte

I servizi ecosistemici forniti dalle diverse tipologie di verde rappresentano un apporto irrinunciabile alla qualità della vita soprattutto in un contesto urbano. L’attribuzione di un loro valore economico sottolinea l’importanza del loro ruolo soprattutto in risposta ai danni causati dai cambiamenti climatici. La metodologia di stima qui proposta si basa su evidenze scientifiche e bibliografiche già convalidate.

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Alla scuola secondaria Trevisani Scaetta coltivi-AMO… l’orto. Dalla teoria alla pratica

Coltivare un orto a scuola può apparire un’attività insolita, desueta e ormai fuori moda, invece, numerose sono le realtà a Milano, in Italia e nel resto del mondo, che applicano questa innovativa tecnica educativa. Si tratta di un’esperienza didattica laboratoriale ed esperienziale, dove al centro dell’attività c’è lo studente, la sua curiosità e la sua voglia di imparare, stimolate dal contatto con la terra e la natura.  Questo tipo di percorso didattico facilita la trasversalità delle competenze degli alunni mediante tecniche didattiche alternative, come laboratori in classe e attività pratiche. Coltivare un orto favorisce l’inclusione di studenti con disabilità o con bisogni educativi speciali, tutti possono collaborare in base alle proprie attitudini, capacità e abilità. Questo tipo di pratiche favorisce anche l’integrazione delle diverse conoscenze acquisite in aula, realizzando ciò che è noto con l’espressione “IMPARARE FACENDO”.      

Un ulteriore beneficio per gli alunni coinvolti in questi progetti è quello di migliorare la capacità di relazione e imparare a vivere nella natura. Tutto ciò viene confermato dalle innumerevoli ricerche condotte in questo campo, si ricordano soprattutto quelle della professoressa Strongoli dell’Università di Catania (Orti didattici, spazi di innovazione scolastica all’aperto). Non mancano inoltre le numerose teorie educative orientate all’esperienza, come ad esempio quella di Dewey il quale affermava “l'istruzione è la continua riorganizzazione o ricostruzione dell'esperienza”.   

Il progetto “Orto inclusivo” presso la scuola secondaria Trevisani Scaetta

Da gennaio 2021 sono docente di potenziamento e sostegno presso la scuola secondaria di primo grado Trevisani Scaetta, dell’Istituto Comprensivo Paolo e Larissa Pini, storica istituzione scolastica del quartiere Gorla a Milano. Insieme ai docenti del Consiglio di classe ho organizzato un progetto interdisciplinare dal nome “orto inclusivo” riguardante la coltivazione dell’orto insieme ai ragazzi della classe 1°A. L’orto del progetto realizzato a scuola è stato coltivato per favorire l’inclusione degli alunni più fragili, valorizzando le abilità di ciascuno.    

Il progetto “Orto inclusivo” si è articolato in diverse fasi, una teorica, e due più pratiche, svolte in campo. Durante la prima fase, i ragazzi hanno realizzato dei tabelloni nei quali sono state elencate le diverse specie coltivate nei mesi dell’anno; è stato realizzato contestualmente un calendario delle semine personalizzato (Foto 1).                       

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      Foto 1. Gli alunni realizzano i cartelloni

I ragazzi sono stati suddivisi in 4 gruppi da cinque alunni ciascuno; ogni gruppo lavorava per il progetto alternandosi ogni due settimane, in questo modo abbiamo potuto controllare meglio il lavoro svolto e monitorare il livello di attenzione, permettendo contemporaneamente lo svolgimento delle lezioni. La seconda fase è iniziata intorno alla fine di marzo inizio aprile; con il miglioramento delle condizioni meteorologiche, i ragazzi, insieme ai docenti, hanno vangato il terreno e successivamente seminato le diverse essenze, preparando delle aiuole di diversa dimensione (Foto 2).

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 Foto  2. Lavori preparatori delle aiuole

Per alcune piante è stato necessario prima seminarle in semenzaio e poi trasferirle in campo (Foto 3). La preparazione del letto di semina è stata preceduta dall’interramento del compost prodotto con scarti vegetali ottenuti dai lavori di giardinaggio svolti all’interno della scuola.Chinaglia 4

Foto 3. Rinvaso di una piantina di basilico   

Nell’ultima fase, i ragazzi hanno realizzato schede botaniche per ogni essenza coltivata, utilizzando informazioni tratte dal web e da libri e riviste di settore fornite dai docenti. Abbiamo poi realizzato dei QR Code attraverso cui è stato possibile associare le schede botaniche realizzate con le specie coltivate, (Foto 4 ); è possibile poi connettersi direttamente al sito web della scuola accedendo con il seguente link: https://sites.1d5920f4b44b27a802bd77c4f0536f5a-gdprlock/piniweb.it/orto-didattico/home

Il progetto si è concluso l’ultimo giorno di scuola durante il quale è stato illustrato alla Dirigente scolastica. Gli alunni hanno raccolto gli ortaggi prodotti e a ciascuno di loro è stata regalata una piccola piantina per ricordare le attività svolte durante l’anno.

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Foto 4. “Orto digitale” con i QR Code per ogni specie coltivata

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                                 Foto 5. L’orto scolastico, esempio di ambiente di apprendimento            

Conclusioni

Questo progetto ha permesso di conseguire diversi obiettivi;

  • Favorire l’inclusione degli alunni
  • Creare un ambiente di apprendimento gratificante (Foto 5).
  • Stimolare i sensi per conoscere la realtà circostante;
  • Favorire lo sviluppo delle tecniche del problem solving mediante il lavoro di gruppo;
  • Facilitare l’integrazione delle diverse conoscenze acquisite in campo e in aula.

“L’orto inclusivo”, favorisce l’inclusione di tutti gli alunni della classe.   

         

Ringraziamenti

Ringrazio pubblicamente la Dirigente scolastica dell’istituto Trevisani Scaetta, Dott.ssa Rosa Delia Ruta, e la Vicepreside, Prof.ssa Fabiana Proietti, per la preziosa opportunità che mi hanno concesso per poter realizzare questo progetto didattico, con l’auspicio che si possa replicare anche nei prossimi anni.

Un ringraziamento speciale è rivolto a tutto il Collegio docenti, il DSGA Dott. Angelo De Lucia, il Consiglio di classe della 1°A, in particolare la coordinatrice Prof.ssa Sarah Maccharella, la collega di sostegno, Prof.ssa Marcella Pirrone, e l’educatore Luca Lusiardi, per aver accettato la sfida di portare avanti questo progetto così ambizioso.